Associazione Culturale Vox Italia
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Negli ultimi tempi i giornalisti si sono abituati a suonare le trombe. A me, perciò, è venuta voglia di suonare i tromboni. Chi sono? Guardatevi attorno: di sicuro ne conoscete anche voi qualcuno. Sono quelli che hanno sempre la verità in tasca. Quelli che salgono in cattedra. Che vi spiegano che cosa bisogna fare. Come bisogna farlo. Che non perdono occasione per darvi una lezione. Ce ne sono dappertutto. Il mondo è pieno di tromboni. Li incontrate al bar, in ufficio, in palestra, alla riunione di condominio. Se poi accendete la tv rischiate di venirne sommersi: il Super Tromboni Show va in onda a tutte le ore, praticamente a reti unificate. Ci sono i tromboni dell’economia che vi spiegano come salvare il Paese mentre lo fanno andare a rotoli; ci sono i tromboni dell’ambiente che vi spiegano come salvare il pianeta mentre lo stanno devastando; ci sono i tromboni della democrazia che vi spiegano come salvare le libertà mentre le stanno affossando. E ci sono le virostar che, dopo aver sbagliato per due anni tutto quello che era possibile sbagliare, continuano con sicumera a spiegarvi che cosa fare per non sbagliare. Come non fidarsi? Lo so che va di moda prendersela con gli incompetenti. In effetti: gli incompetenti in genere fanno danni. Ma, vi assicuro, mai quanto i (falsi) competenti. Che oggi, purtroppo, sono dominanti. Leggete il libro e ne avrete la riprova. Il fatto è che gli incompetenti almeno li riconosci subito. Li puoi evitare. Li puoi isolare. I (falsi) competenti, invece, sono più pericolosi perché si presentano sotto mentite spoglie. Sono quelli bravi. I tecnici. Gli esperti. Poi magari sono solo esperti nel prendersi una maxiconsulenza. O nell’occupare una poltrona. O nell’arraffare i soldi altrui. Ma è difficile riconoscerli perché vestono la maschera di chi la sa lunga. S’impancano. Te la raccontano. Usano parole complicate. Vantano specializzazioni. Professionalità. Grandi conoscenze. Grandi doti. Grandi capacità. Tutto grande, come il lupo di Cappuccetto Rosso. Che bocca grande che hai. Per mangiarti meglio. Sbugiardare i tromboni non è facile perché galleggiano sulle onde del pensiero unico. La corrente generale li protegge. Li sorregge. Li spinge avanti. Usciamo da due anni di impressionante conformismo delle idee e dell’informazione. Prima il Covid, poi la guerra ci hanno regalato la moltiplicazione dei pappagalli. Tutti a ripetere sempre gli stessi slogan. Tutti a ripetere le stesse formulette. Chi, in questo periodo, ha osato uscire dal sentiero tracciato è stato demonizzato, emarginato, criminalizzato. Come dicevo: ci siamo abituati a suonare le trombe. Sempre la stessa musica. Sempre la marcia trionfale. L’informazione deve essere «somministrata dall’alto», ha dichiarato esplicitamente l’ex premier Mario Monti in uno studio televisivo. I giornalisti presenti gli davano ragione. E ci sono altri giornalisti, ancor più famosi, che sono arrivati a teorizzare persino che le notizie non si devono dare. Proprio così. Non vi faccio qui i nomi, così vi viene ancor più voglia di leggere il libro. Ma sì, insomma: che cos’è questa pretesa dei cittadini di voler essere informati? Di sapere? E magari anche di contare? Di dire la loro? Questa è l’epoca dei migliori. Dei comandanti in capo. Dei commissari unici. Degli uomini della Provvidenza. Non disturbate i manovratori. Prima la pandemia, poi Putin; prima il lockdown, poi l’economia di guerra: ormai ci siamo assuefatti all’emergenza. Lo straordinario è diventato ordinario. E così accettiamo compressioni di libertà, violazioni dei diritti e restringimenti della democrazia che poco tempo fa avremmo considerato impossibili anche solo da immaginare. Forse è vero che si era esagerato con lo slogan «uno vale uno». Ma ora siamo direttamente passati all’«uno non vale nessuno». E questo nessuno non può nemmeno protestare. Vietato contraddire i tromboni. Fateci caso: dopo le grandi speranze di cambiamento, nutrite qualche anno fa, è tornato tutto come prima. Anzi, peggio di prima. Sono tornati i santuari del potere, le gerarchie, i riti eterni dei mandarini. C’è da fidarsi? Io penso di no. Io penso che dietro l’immensa opera di restaurazione cui stiamo assistendo si nascondano molti pericoli e troppe ipocrisie. Lo dimostra anche la vicenda della guerra in Ucraina: l’Europa che all’improvviso si scuote e che, per la prima volta nella storia, manda armi a un Paese belligerante (ecco il pericolo) lo fa per nascondere il fatto che ha dormito fino al giorno prima (ecco l’ipocrisia). Ancora a febbraio, mentre Putin dislocava le sue truppe ai confini, a Bruxelles si parlava d’altro: di molluschi bivalvi (4 febbraio 2022), di focene in Olanda (9 febbraio 2022), di invasione di specie esotiche come procioni e giacinti d’acqua (ancora 9 febbraio). Il problema era l’invasione dei procioni. Non quella dell’Ucraina. Sia chiaro: Putin è stato l’aggressore. Ha bombardato bambini e civili. Non può essere compreso né tanto meno giustificato. In alcun modo. È inutile anche solo dirlo. Ma forse sarebbe utile chiedersi anche perché l’Europa della pace non ha fatto niente per la pace né prima né dopo l’invasione. Perché, mentre mandava armi agli ucraini, ha continuato a finanziare i russi comprando il loro gas. E perché i suoi leader facevano sfilate a favor di telecamere nello sfarzo di Versailles mentre i bambini morivano sotto le bombe. Abbiamo visto negli ultimi mesi un sacco di impavidi combattenti da salotto, coraggiosi artiglieri negli studi tv, pronti a fare gli eroi con la vita degli altri. E guai a dubitare anche solo un attimo dell’efficacia dei loro metodi. O, peggio, della loro sincerità. Si rischiava di finire seduta stante nelle liste di proscrizione. Una follia generalizzata che a un certo punto è arrivata a mettere al bando anche gli scrittori russi (Dostoevskij), gli atleti disabili russi, i direttori d’orchestra russi e persino i gatti russi, esclusi da tutte le manifestazioni internazionali. Del resto, si sa, i tromboni sono fatti così. Raccontano sempre un’unica storia, quella dei buoni e dei cattivi. Del bianco e del nero. Loro, ovviamente, sono sempre i buoni. Anche se fino a ieri facevano affari con i cattivi. Anche se andavano alle feste sugli yacht o nelle ville degli oligarchi russi. Non importa: sono i buoni. Immacolati. Infatti gli yacht e le ville, appena hanno smesso di frequentarli, hanno cominciato a sequestrarli. E Putin, dopo averlo vezzeggiato e coccolato in ogni modo, hanno scoperto all’improvviso che era l’orco cattivo. Così lo hanno sostituito con i nuovi amici buoni: il presidente del Venezuela Nicolás Maduro, sotto accusa per crimini contro l’umanità; gli ayatollah dell’Iran, sotto accusa per atrocità e negazione dei diritti umani; il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, sotto accusa per torture sistematiche e persecuzione dei cristiani... Fino al giorno che il vento cambierà e cominceranno a spiegarci che quelli che oggi sono nuovi amici buoni, in realtà, sono vecchi orchi cattivi. Non c’è da fidarsi quando ti raccontano una storia a senso unico. Ed è per questo che mi sono dedicato alla caccia ai tromboni, attività che vi garantisco assai più divertente di questa introduzione. In effetti: nelle pagine che seguono troverete tutti gli errori, le contraddizioni, gli strafalcioni dei falsi maestri che verranno sbugiardati senza pietà. Con puntualità. Con il sorriso. Ma senza risparmio. Chi mi conosce lo sa: non sono amato dai circoletti importanti, non frequento le terrazze né i salotti chic, tanto meno la barca di De Benedetti, non vesto bene, non sono alla moda, da sempre do un po’ fastidio, ho una voce sgradevole che urta le orecchie delicate di Lilli Gruber (la quale invece sulla barca di De Benedetti ci va eccome, e per fortuna non mi considera suo collega), urlo, mi agito, mi scateno davanti alle telecamere, tanto che persino la mia ex editor Nicoletta, da sempre mamma di tutti i miei libri, compreso questo, talvolta si spaventa e mi vorrebbe tenere a freno. Ma sono fatto così. Mi appassiono alla realtà. E non sopporto chi racconta balle. Soprattutto non sopporto chi racconta balle professandosi dispensatore di verità. Specie se sono verità a senso unico. Ecco perché ho scritto questo libro. Perché possa essere per ognuno di voi una sorta di manuale di autodifesa. Alla fine, infatti, meno saranno i tromboni e meno saranno i trombati. Lettore avvisato, mezzo salvato. *** Post scriptum 1) Questo è il primo libro che scrivo per Rizzoli. Sono orgoglioso di essere passato con questa gloriosa casa editrice, per cui vorrei che non mi faceste fare brutta figura, cari amici lettori. Pensate a un amico trombone e regalategli il libro: farete un dispetto a lui e un piacere a me. Post scriptum 2) Questo libro è dedicato a mia figlia Sara, perché finora non gliene avevo mai dedicato uno e ci era rimasta male. Inoltre perché è dolcissima e quando passavo le notti a scrivere si preoccupava del mio nutrimento portandomi alla scrivania il suo piatto forte: le zucchine in padella. Peccato solo che non sia solita spacciarsi come grande cuoca. Altrimenti farebbe di sicuro carriera fra i tromboni.