Le cronache del 1996 dimostrano in maniera documentata e incontrovertibile che l'entrata dell'Italia nell'euro è stata parte di una strategia punitiva contro l'Italia da parte di Germania e Francia.
Venticinque anni fa, il giornale di proprietà degli industriali, il Corriere della Sera, pubblicava in prima pagina il titolo «Italia quarta potenza mondiale».
Oggi siamo solo terzi in Europa, ma come tasso di disoccupazione (fonte: ec.europa.eu/eurostat). Ma negli anni ’90 eravamo più ricchi di inglesi e francesi. Gli stipendi erano inferiori, ma il sistema Italia consentiva quasi a tutti di avere lavoro e casa di proprietà, rendendoci così tra i più benestanti in Europa. Il manifatturiero italiano era ai vertici mondiali, a dispetto di un territorio senza materie prime, e la bilancia dei pagamenti, quella che registra le importazioni e le esportazioni, godeva di ottima salute; e con lei le famiglie italiane. La domanda allora sorge spontanea:
Qual'era il segreto di quella Italia?
Se andiamo a considerare il nostro modo di fare impresa c’era poco da stare allegri. Gli italiani erano (e sono) dotati di forte spirito di iniziativa e di molta fantasia nel trovare soluzioni alternative. Tuttavia, le imprese negli anni '90 erano mediamente piuttosto piccole, tranne i colossi di Stato, come quelli della telefonia e dell’energia.
A guidare il Paese c’erano Andreotti e Craxi. Il primo, riconosciuto colpevole di associazione per delinquere con Cosa nostra, benché lo stesso reato andò estinto per prescrizione, ma più noto per intrallazzi e voto di scambio. Bettino Craxi, che di socialista aveva solo l'etichetta, morì da latitante in Tunisia, accumulando varie condanne per corruzione, per circa 25 anni di reclusione. Inoltre l’Italia aveva nel 1991 ben 4 regioni in mano alla malavita organizzata: Campania, Calabria, Sicilia e Puglia.
Nonostante queste problematiche, non certo marginali, eravamo la Quarta, dicasi quarta, potenza economica mondiale.
Infatti lo stesso Corriere della Sera del febbraio 1996 titolava: "Grazie alla Lira", articolo che esordisce con "Lira magica, unica, vera colonna dell'Italia...".
E' chiaro che questo trend non poteva non suscitare la reazione dei nostri concorrenti. Arriviamo così ad uno dei titoli che hanno segnato la condanna dell'Italia: "Germania mai così in basso" e "Made in Italy mai così bene".
A rincarare la dose, ci pensa una pubblicità circolata in Europa, sempre degli anni '90: "per ogni Volkswagen venduta in Italia, 8 Fiat vengono vendute in Germania. Per ogni Renault venduta in Italia, 3 Fiat vengono vendute in Francia. Per ogni Volvo venduta in Italia, 9 Fiat vengono vendute in Svezia". Rimarcando la potenza dell'export italiano, oltre che nel tessile, anche nel comparto auto.
Si scatenano dunque le reazioni degli altri Paesi: ecco l'articolo di Repubblica del febbraio 1996: "La Francia contro l'Italia".
Ecco cosa dice l'articolo: "La Francia non ha ancora 'digerito' la svalutazione della lira e avrebbe intenzione di tornare alla carica per punire il nostro paese". Secondo il settimanale L'Express, il governo parigino avrebbe intenzione di proporre al prossimo consiglio europeo che gli aiuti dell'Unione europea al nostro paese (agricoltura, Mezzogiorno) non vengano più pagati in Ecu, bensì in lire. L'eccedente così realizzato dalla Ue potrebbe essere versato nelle casse di agricoltori e industriali francesi e tedeschi, penalizzati dalle esportazioni italiane. L'ipotesi appare difficilmente praticabile, sia dal punto di vista politico sia da quello economico (l’Italia perderebbe centinaia di miliardi), ma la sua evocazione testimonia quanto sia forte l'ostilità francese nei nostri confronti."
L'Italia va punita
Chirac aggiunge: "Provengo da una regione agricola e mi risulta che non si esporta più nemmeno un vitello verso l’Italia". Quindi l'Italia aveva totalmente sbaragliato le altre nazioni, posizionandosi per questo come quarta potenza mondiale.
E dopo appena qualche mese, ecco svelato il "rimedio" su cui meditava la Francia, per penalizzare il nostro Paese.
Dall'articolo di Repubblica dell'ottobre 1996 apprendiamo che:
"Fonti ufficiali francesi hanno chiesto un rapido ritorno della nostra moneta nel Sistema monetario europeo". Da qui il titolo dell'articolo "ci serve una moneta unica per controllare la lira". Cioè, serve una moneta unica per ingabbiare gli italiani.
I francesi vedevano quindi la nostra moneta, cioè la nostra sovranità, come il reale problema della Francia e della Germania. Sempre secondo l'articolo, Chirac ha parlato ad un pubblico fortemente esasperato contro l'Italia, un Paese che viene considerato il grande nemico industriale. E a questo punto, qual è la proposta francese? che l'Italia debba entrare assolutamente nello SME, quindi nel futuro Euro. Inoltre, il capo di stato francese, lamentando gli effetti negativi della lira sull'industria francese, dichiara: "non sono le iniziative del Sud-Est asiatico ad essere inquietanti per la produzione francese nel tessile, è la lira italiana". Nello stesso anno uno studio della Commissione dimostrava che non esisteva una relazione tra il deprezzamento della Lira e la crisi francese. E che il vantaggio competitivo dell'Italia derivava unicamente dalla sua posizione sovrana. Dunque le accuse francesi erano quasi del tutto infondate.
E arriviamo ora all'identificazione dei complici italiani che hanno "lavorato" per la realizzazione dell’obiettivo a cui miravano Francia e Germania.
Repubblica del 1996 titola: "Lira, l'Europa tifa per il ritorno nello Sme".
E di seguito: "il commissario europeo responsabile della politica economica e monetaria, si felicita della determinazione mostrata da Romano Prodi nell'annunciare che il rientro della lira nello Sme sarà un obiettivo prioritario del suo governo".
Infatti Chirac corre ad incontrare Prodi a Napoli, "chiedendogli" (possiamo immaginare cosa significhi nella realtà questo termine), l'immediato rientro dell'Italia nello SME e nel futuro Euro, come misura punitiva. Romano Prodi esegue e annuncia che "il rientro della Lira nello Sme sarà un obiettivo prioritario del suo governo". Lo stesso commissario europeo dichiara: "è qualcosa che può rendere solo felice la Commissione europea".
Romano Prodi rende quindi felice la Commissione europea. E dopo qualche anno, la Commissione Europea renderà felice Romano Prodi, nominandolo presidente della Commissione stessa con i voti favorevoli di (l'avreste mai detto?) Germania e Francia, che grazie a Romano Prodi e al rientro dell'Italia nello Sme e poi nell'euro, erano riuscite a neutralizzare il loro pericoloso concorrente.
Gli effetti dell'euro
Infatti dal 2000, lo scenario comincia drasticamente a cambiare: la bilancia commerciale inverte il suo trend e l'Italia torna in deficit. Il reddito pro capite degli italiani cade a picco, perché diminuendo la produzione industriale, aumenta la disoccupazione, con conseguente calo del reddito. (fonte: Eurostat)
Allo stesso modo, notiamo che la produzione industriale italiana, che prima dell’introduzione dell’euro era superiore a quella tedesca, decresce vistosamente proprio a partire dal 2001, mentre la Germania guadagna conseguentemente, arrivando nel 2012 ad un +35% rispetto alla produzione italiana. (fonte GaveKal Data)
L’influenza dell’entrata nell’Euro è ancora più evidente se consideriamo il rapporto tra produzione italiana e produzione tedesca, in relazione al transito della nostra valuta prima nello SME e poi nell’Euro.
Per semplificare, le frecce verdi rappresentano i periodi di sovranità della Lira, mentre le frecce rosse i periodi nei quali la Lira era agganciata all’Ecu o è stata sostituita dall'Euro. E' la dimostrazione che quando siamo padroni della nostra moneta, la nostra produzione cresce rispetto alla Germania.
Lo spostamento della ricchezza
Con grave ritardo abbiamo realizzato che queste operazioni erano e sono, nel particolare, rivolte a deprimere i Paesi dove l’economia è sana, ma in generale sono solo parte della strategia di spostamento del potere e della ricchezza dal basso verso l’alto, in atto dal dopoguerra in tutto il mondo. Infatti, non a caso, negli stessi anni in cui si è impoverita l’economia di tanti Paesi, sono aumentati i super-ricchi in tutta Europa, e in particolare in Germania. (fonte: D. Hardoon, Oxfam GB).
Come conseguenza, in Europa il settore dei beni di lusso è cresciuto del 28% tra il 2010 e il 2013 (fonte: Frontier Economics, “The contribution of the high-end cultural and creative industries to the European economy”, 2014).
Ma parallelamente, per via della contrazione della produzione, le fabbriche italiane hanno cominciato a chiudere e la disoccupazione ad aumentare. Vale la pena evidenziare come alla diminuzione dell’occupazione in Italia, corrisponda in modo complementare, l’aumento di occupazione in Germania. Nel 2014 la Germania segna il tasso di disoccupazione più basso della sua storia al 5%, e l'Italia segna il suo più alto a 12,7%.
(Fonte: elaborazione Vox Italia su dati Eurostat - Total unemployment rate TPS00203)
Il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro
Non dimentichiamo che questa situazione è anche sostenuta dalla perdita di un altro strumento di sovranità monetaria, già avvenuta nel 1981, che in soli 15 anni dal suo avvio è costato agli italiani oltre 1.000 miliardi di euro, per poi continuare a gravare sulla nostra economia fino a soffocarla. Si tratta del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, per volere dell’allora ministro DC Beniamino Andreatta. Con un atto palesemente anti-democratico, cioè, senza consultare il Parlamento, ma con una semplice corrispondenza epistolare con l’allora Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, Andreatta mise fine alla possibilità del governo di finanziare monetariamente il disavanzo.
Venne infatti rimosso l’obbligo vigente da parte di Palazzo Koch di acquistare i Titoli di Stato emessi sul mercato primario (cioè quelli collocati mensilmente dal Tesoro), che aveva consentito fino ad allora al nostro Paese di tenere sotto controllo il debito pubblico. A questo punto, anticipando quanto sarebbe avvenuto successivamente con l’ingresso nell’Unione Monetaria, l’Italia per finanziare la propria spesa fu costretta ad attingere ai mercati finanziari privati, con tassi d’interesse di tutt’altra entità rispetto a quelli garantiti in precedenza. Gli effetti furono immediati: sempre ragionando in euro, i 142 miliardi di debito del 1981 (58% del Pil) dopo tre anni erano raddoppiati; dopo quattro, triplicati (429 miliardi), superando quota 1.000 nel 1994, pari al 121% del Pil.
Ma cosa spinse Andreatta a questa devastante decisione? Come raccontò lui stesso dieci anni dopo in una lettera pubblicata sul Sole 24 Ore, questo stravolgimento strutturale era necessario per salvaguardare i rapporti tra Unione Europea e Italia. Ad essere in pericolo era infatti la partecipazione del nostro Paese all’interno dello Sme, ossia l’accordo precursore del sistema Euro. Secondo Andreatta: “L’imperativo era cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall’ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole”. Benchè questa spiegazione non esaurisca tutti i dubbi sul deliberato danno provocato all'Italia, rimane comunque evidente che sia Andreatta che Ciampi abbiano agito in violazione del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, allo scopo di eseguire ordini sovranazionali di matrice neoliberista.
A conti fatti, grazie alla moneta unica, in 20 anni ogni tedesco ha guadagnato €23.000, e ogni italiano ne ha persi 75.000. Non lo dicono i complottisti italiani, ma un report del think-tank tedesco Cep (Centre for European Policy) di Friburgo.
Cui prodest?
Spesso ci si chiede perché tanti dei nostri rappresentanti in Parlamento siano venuti meno ai doveri derivanti dal loro incarico, agendo in aperto contrasto con la Costituzione e con gli interessi del popolo italiano. E allora ricordiamo come questi personaggi, che hanno favorito i nemici dell'Italia sono stati ringraziati.
Beniamino Andreatta, a quei tempi membro del Bilderberg (in futuro parteciperà alla riunione sul Britannia): eletto alla vicepresidenza del Partito Popolare Europeo nel 1984, grazie al sostegno del cancelliere tedesco Helmut Kohl.
Romano Prodi (allievo di Andreatta), membro del direttivo del Bilderberg: insignito della legion d'onore dal Presidente della Repubblica francese.
Mario Monti, Presidente del Consiglio, membro del direttivo del Bilderberg: nominato membro della commissione Attali per il rilancio della Francia (cioè del nostro maggiore concorrente).
Enrico Letta, Presidente del Consiglio, ha sostituito Monti al Bilderberg nel 2012 e poi lo sostituirà al governo del Paese: insignito della legion d'onore dal Presidente della Repubblica francese.
Tutti italiani che hanno lavorato per Francia e Germania.
Sandro Gozi, sottosegretario PD agli affari europei con Renzi e Gentiloni, membro del Bilderberg: insignito della legion d'onore dal Presidente della Repubblica francese, alle prossime elezioni europee si candida con Macron, l'anti-italiano numero 1 al mondo. Questa era dunque la persona che doveva fare gli interessi dell'Italia in Francia?
La legion d’onore è l'onorificenza più alta attribuita dalla Repubblica francese. Finora ne sono stati insigniti 13 politici del PD, 3 di Forza Italia, più Emma Bonino (+Europa).
Questi fatti dimostrano ancora una volta che le organizzazioni sovranazionali stanno da tempo infiltrando i propri uomini ai vertici del governo del Paese e della Ue, per raggiungere l’obiettivo affidato loro dalla classe dominante, cioè di proseguire con ogni mezzo nella redistribuzione del reddito, della ricchezza e del potere politico dal basso verso l’alto; strategia mondialista e anti-democratica in atto negli ultimi quarant’anni.
Bibliografia
La fabbrica del debito dell'usura e della disoccupazione - Savino Frigiola
La Matrix Europea: Il piano di conquista del Cartello Finanziario in Italia - Francesco Amodeo
Il denaro, il debito e la doppia crisi - Luciano Gallino
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/20/bettino-craxi-tangenti-per-miliardi-a-domicilio-ecco-perche-fu-condannato/3329146/
https://scenarieconomici.it/i-successi-lira-raccolta-articoli-giornalistici/
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/17/la-francia-contro-italia-la.html
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/10/01/chirac-moneta-unica-per-controllare-la-lira.html