Perché è fallita la terapia del plasma iperimmune di De Donno? Perché costava poco, era risolutiva sul decorso della patologia e avrebbe forse interrotto la campagna vaccinale. Tre requisiti non graditi da Big Pharma.
In ambito energetico l’equivalente del plasma iperimmune si chiama “fusione fredda”. Da sempre osteggiata da Big Energy perché costa poco, è facilmente realizzabile, non inquina e porrebbe fine alla dipendenza dal gas e dal petrolio.
Proprio così. Esistono soluzioni convenienti e praticabili ma che vengono oscurate e soppresse per non danneggiare i business predominanti. La fusione fredda è un argomento più che mai attuale in un momento storico problematico per l’energia, per l’ambiente e per le conseguenti speculazioni che stanno danneggiano i cittadini.
Come funziona la Fusione fredda?
Sappiamo che le centrali nucleari tradizionali producono energia utilizzando esclusivamente la tecnologia a fissione, una tecnica che sfrutta l’instabilità dei nuclei atomici dei materiali radioattivi e pericolosi come l’uranio, il plutonio e il torio. I loro nuclei, una volta “spezzati” artificialmente, formano nuovi nuclei più “leggeri”. La diminuzione di massa comporta la liberazione di una grande quantità di energia termica, che viene poi convertita in energia elettrica. Questo è il modo in cui oggi viene prodotta l’energia elettrica dalle moderne centrali nucleari, enormi pentoloni dal costo e dal volume faraonico che, oltre a costituire una seria minaccia per la salute e l’ambiente, producono scorie radioattive impossibili da smaltire.
Nelle reazioni di fusione, invece, i nuclei di atomi non radioattivi (idrogeno, deuterio, trizio), si fondono tra loro dando origine a nuclei più pesanti. Il processo di fusione nucleare rilascia una notevole quantità di energia termica, molto superiore a quella rilasciata nella fissione, senza alcuna produzione di scorie radioattive.
La tecnologia a fusione fredda è così definita perché non necessita di altissime temperature per l’innesco e il mantenimento delle reazioni nucleari. Non richiede grandi investimenti e può essere utilizzata con la massima sicurezza in impianti di dimensioni ridottissime. Può essere installata anche all’interno di un’auto, garantendo un’autonomia di circa 4 mesi tra una ricarica e l’altra, con costi irrisori.
Chi ha inventato la Fusione fredda?
Nei primi anni ’70, il professore di chimica Omero Speri (toh, un italiano, come De Donno) mise a punto il primo motore a fusione fredda della storia e il 30 marzo del 1974 depositò il suo rivoluzionario brevetto (1). Il motore che aveva realizzato utilizzava energia nucleare pulita (senza le nocive emissioni radioattive dei reattori tradizionali), prodotta a bassa temperatura e idonea a sostituire per sempre i carburanti fossili come i gas naturali (metano e propano) o i derivati del petrolio (benzina e gasolio). Alla costruzione del prototipo collaborò anche il suo amico Piero Zorzi, e insieme tentarono di diffondere la nuova tecnologia presso i centri di ricerca. I loro sogni di gloria, però, si infransero presto contro alcuni indesiderati imprevisti che non avevano nulla a che fare con la scienza. Secondo la testimonianza dei figli dei due inventori, infatti, questi ultimi furono “invitati” a mettersi in contatto con alcuni enti esteri, che li costrinsero ad abbandonare l’idea di commercializzare l’invenzione.
Da sinistra a destra, Roberto Monti, Piero Zorzi, Stefan Marinov, Umberto Bartocci, Omero Speri. Una riunione del 1989 a Garda, nell'abitazione dell'Arch. Zorzi.
A rilasciare queste inquietanti dichiarazioni di fronte alle telecamere del programma Report di Rai3 è stato Michelangelo Speri, il figlio dell’inventore (https://www.youtube.com/watch?v=sHe5u0eEnxs&t=84s): “Il loro viaggio più importante in questo cammino è stato in Israele. Sono stati “invitati”, nel senso che è stato “consigliato” loro di andare. Gli israeliani erano interessati alla scoperta della fusione fredda, però di fatto furono invitati in Israele presso le università di Tel Aviv e di Haifa per presentare i loro studi. (…) Ritornati dal viaggio decisero comunque di non continuare più i loro studi, perché probabilmente avevano visto e percepito la gravità del portarli avanti”.
Testata del motore a cilindro utilizzato per l’esperimento di Speri e Zorzi.
Del caso Speri-Zorzi si occuparono anche alcuni giornali dell’epoca e i cronisti non poterono far altro che archiviare la vicenda del viaggio in Israele come un mistero. Da notare che i brevetti per invenzioni scadono dopo 20 anni e non possono essere rinnovati. Così, guarda caso, si tornò a discutere di fusione fredda più di 20 anni dopo, grazie ad altri due scienziati.
Il 23 marzo del 1989, due professori universitari di elettrochimica, Martin Fleischmann, dell’Università di Southampton, e Stanley Pons, dell’Università dello Utah, annunciarono al mondo la (ri)scoperta della fusione a freddo in una conferenza stampa. Spiegarono cioè che era possibile produrre energia pulita a costi irrisori mediante un semplice procedimento elettrochimico capace di innescare reazioni di fusione nucleare a bassa temperatura. Questa nuova tecnologia avrebbe garantito energia pulita a tutte le nazioni del mondo e posto fine ai gravi squilibri economici che avvantaggiano esclusivamente un’infima lobby. Come prevedibile, quindi, una simile rivelazione mise in subbuglio i potenti signori del petrolio e costò la carriera a entrambi gli scienziati: pochi mesi dopo il clamoroso annuncio, infatti, Fleischmann e Pons furono costretti a ritirarsi a vita privata.
Pons e Fleischmann presentano il loro esperimento nel Marzo 1989.
Le prime obiezioni del mondo accademico all’eccezionale scoperta giunsero dalla conferenza della Società americana di fisica (APS). Durante il convegno del 1989 a Baltimora vennero presentati i risultati di una collaborazione fra il Laboratorio nazionale di Brookhaven e l’Università di Yale, che smentivano tutti gli effetti misurati da Fleischmann e Pons. Anche la sperimentazione condotta dai ricercatori dei laboratori di Harwell (Oxford) giunse alle stesse conclusioni, e nel novembre successivo uno speciale gruppo di scienziati incaricati dal Dipartimento dell’energia statunitense (DOE) si pronunciò in modo sempre negativo sulla fusione fredda. In pratica, si trattò di una vera e propria pioggia di “scomuniche scientifiche”, che infangò per sempre l’immagine pubblica dei due brillanti scienziati. Così il fenomeno della fusione fredda venne definitivamente accantonato come una colossale “bufala”.
Solo un anno dopo, però, il premio Nobel Julian Schwinger dichiarò esplicitamente che le redazioni delle riviste scientifiche si erano semplicemente adeguate alle pressioni negative degli ambienti accademici contro la fusione fredda: “La pressione per la conformità è enorme. Gli editori rifiutano la pubblicazione di documenti scientifici sulla base delle velenose critiche provenienti da personaggi anonimi. La sostituzione dei revisori imparziali da parte dei censori sarà la morte della scienza”.
L’annuncio sulla fusione fredda che aveva tanto scosso i poteri forti venne quindi insabbiato molto rapidamente, mentre i loro imperi economici fondati sul nucleare a fissione e sul petrolio continuarono a prosperare indenni.
Il MIT, come noto ai ricercatori, è uno dei poli tecnologici più avanzati del mondo, con sede a Cambridge, nel Massachusetts. Il parere dei suoi esperti sulle questioni scientifiche più controverse finisce quindi per costituire un giudizio talmente autorevole da risultare praticamente insindacabile. Si tratta insomma di uno dei “tribunali della scienza”, che può imporre in maniera apparentemente democratica limiti insormontabili alla libera conoscenza. Non è quindi un caso se il “colpo di grazia” alla fusione fredda, giunse proprio dai luminari del MIT. Nel 1989, ancora prima di effettuare le verifiche, il professore di Fisica del MIT Martin Deutsch definì pubblicamente la fusione fredda come mera “spazzatura”. Anche Ronald Parker, il direttore del Plasma Fusion Center del MIT, dichiarò in un’intervista che la fusione fredda era solo una frode e ciarpame scientifico.
A chiedere una pronuncia ufficiale dell’istituto nel 1991 fu George W. Bush, il celebre petroliere del Texas, che all’epoca dei fatti sedeva anche sulla poltrona di presidente degli Stati Uniti. La relazione definitiva del MIT concluse in modo categorico e inequivocabile che la fusione fredda non produce né l’emissione di neutroni (la prova di un processo di tipo nucleare) né tantomeno l’eccesso di calore (guadagno energetico) descritti da Fleischmann e Pons. Il MIT definì quindi la fusione fredda irrealizzabile, bollandola addirittura come la più grande frode scientifica degli ultimi secoli.
La tecnologia a fusione fredda sembrava essere stata definitivamente compromessa dal MIT fino a quando non accadde qualcosa di imprevisto.
Il fisico Eugene Mallove, un qualificato esperto dello stesso ente con un imponente curriculum di ricerche condotte nei più prestigiosi laboratori degli USA (Harvard, MIT, Hughes Research Laboratories, Analytic Science Corporation, Lincoln Laboratory), fece una scoperta che riaprì il caso.
Nel 1991 Mallove, in veste di caporedattore scientifico dell’ufficio stampa del MIT, dichiarò pubblicamente che la relazione decisiva sulla fusione fredda era stata inspiegabilmente manipolata dai ricercatori. I risultati positivi dei test, insomma, erano stati tenuti nascosti falsificando i documenti (2). Mallove fu talmente indignato dalla frode scientifica compiuta dal Centro di ricerca, che non esitò a compromettere la sua brillante carriera dimettendosi per protesta dal MIT. In seguito rilasciò diverse interviste sul caso e nel 1999 pubblicò il dettagliato libro inchiesta Fire from Ice (Fuoco dal ghiaccio), dove denunciò la deliberata soppressione dei risultati sulla fusione fredda ottenuti dal MIT e da altri laboratori da parte dei gruppi di potere accademici (3).
Mallove era un ricercatore particolarmente scomodo, perché era uno scienziato di spicco nel mondo accademico. La sua decisione morale di rinunciare alla carriera per denunciare la soppressione di una tecnologia che avrebbe risolto i problemi energetici del genere umano aveva scoperto “gli altarini” delle fonti d’informazione scientifiche ufficiali. Il suo coraggioso esempio, inoltre, poteva essere seguito da altri ricercatori e arrivare a costituire una seria minaccia all’attuale sistema di controllo della conoscenza. Era chiaro che i poteri forti non avrebbero assistito al loro declino senza fare nulla. Gli interessi messi in gioco dalle rivelazioni di Mallove erano di altissimo livello e come era prevedibile lo scienziato perse la vita a soli 57 anni per morte violenta. Degli sconosciuti lo massacrarono a bastonate nel 2004, e gli inquirenti archiviarono il caso come tentativo di rapina.
Il giorno prima di essere ucciso, Eugene Mallove mandò una “Lettera aperta al mondo” a Richard Hoagland, affinchè la pubblicasse sul suo popolare sito “Enterprise” (11).
Oggi il fenomeno della fusione fredda è ormai una realtà scientifica assodata persino da enti di ricerca istituzionali (normalmente schierati a favore della politica energetica governativa) come l’ENEA (Ente Nazionale Energie Alternative), i cui ricercatori nel 2002 hanno redatto un dossier molto approfondito a tal proposito, il Rapporto 41 (4). Il documento in questione attestò nero su bianco sia l’over-unit energetica prodotta dalla fusione fredda di Fleischmann e Pons (il ricavo di più energia di quanta ne viene consumata per innescare e mantenere in funzione il processo), che l’effettiva trasmutazione della materia (quindi il verificarsi di una reazione nucleare). Nonostante questo, i risultati della clamorosa indagine scientifica caddero rapidamente nel dimenticatoio mediatico, per essere poi definitivamente insabbiati dai più alti responsabili dello stesso ente di ricerca. Il team di studiosi si vide infatti togliere improvvisamente dalle mani il progetto su cui stava lavorando con risultati sbalorditivi, senza ottenere, per giunta, alcun riconoscimento.
Le esplosive interviste dei brillanti ricercatori accademici che si sono occupati in prima persona della “fusione fredda” sono state trasmesse sia da RaiNews24 (4) che dal noto programma Report (5). Grazie alla loro coraggiosa testimonianza è emersa chiaramente la volontà dell’establishment di procedere all’occultamento della nuova rivoluzionaria tecnologia. Ecco infatti cosa viene dichiarato nell’inchiesta di Rainews24: “Era il dieci aprile del 2002 quando il famoso elettrochimico britannico Martin Fleischmann visitò i laboratori di fisica nucleare dell’ENEA di Frascati. Fleischmann, come noto, nel 1989 venne emarginato dalla comunità scientifica subito dopo aver annunciato al mondo la possibilità che gli atomi possano fondersi a temperatura ambiente nella famosa “fusione fredda”. Lo scienziato non riuscì a trattenere l’entusiasmo di fronte alle conferme sperimentali delle sue dichiarazioni. Decise infatti di scrivere al premio Nobel Carlo Rubbia, che all’epoca era presidente dell’agenzia italiana per l’energia, l’ENEA: “Caro professor Rubbia, sono molto lieto che il programma di ricerca intrapreso da Giuliano Preparata (6) abbia conseguito il suo scopo… I risultati ottenuti dai ricercatori italiani sono veramente impressionanti, e non esagero”.
Il fisico nucleare Antonella De Ninno ha effettuato ricerche sulla fusione fredda presso i laboratori dell’ENEA di Frascati dal 1999 al 2002, insieme a Emilio del Giudice e Antonio Frattolillo. Lo scopo dei test era quello di verificare se, in accordo con la teoria elaborata dal prof. Giuliano Preparata, si trattava realmente di un processo di natura atomica e se vi era il guadagno energetico misurato da Fleischmann e Pons. La richiesta di fare definitivamente chiarezza sulla fusione fredda proveniva dal premio Nobel Carlo Rubbia.
Antonella De Ninno: “Nel ’99, quando Rubbia diventò presidente dell’ENEA, si vennero a creare le condizioni favorevoli alla sperimentazione italiana. Nell’aprile del 2002 inviammo una lettera a Rubbia per informarlo che eravamo pronti a relazionare sui risultati del progetto”.
Antonio Frattolillo: “I risultati che abbiamo ottenuto di fatto verificano la teoria del prof. Giuliano Preparata”.
Antonella De Ninno: “Rubbia ci incontrò per discutere dei risultati e confermò il buon lavoro fatto”.
Emilio Del Giudice: “Quando scrivemmo il rapporto, in circa dieci giorni, Rubbia seguì molto da vicino la stesura della relazione conclusiva e fu prodigo di consigli e utili suggerimenti”.
Il grafico più importante, che metteva in relazione il processo atomico con l’eccesso di calore registrato (cioè il guadagno energetico), venne preparato dallo stesso Carlo Rubbia. In pochi giorni, però, cambiò tutto. Nessuna rivista scientifica pubblicò la notizia e Rubbia divenne improvvisamente irreperibile. Rainews24 allora cercò di intervistare il premio Nobel per sapere cos’era accaduto, ma Rubbia rifiutò l’incontro.
Antonella De Ninno: “Nessuno contestò mai la ricerca nel merito e quindi se abbiamo effettuato misurazioni sbagliate non ne conosciamo il motivo”.
Il professor Giuliano Preparata, docente di fisica alla Statale di Milano, un autorevole accademico con oltre 400 pubblicazioni scientifiche in curriculum, ha dichiarato: “La fusione fredda è una realtà al di là di ogni ragionevole dubbio, noi siamo stati boicottati in modo tenace dalla scienza ufficiale, dalla finanza internazionale e da tutti i poteri forti” (7).
Nell’autunno del 2002 il gruppo di ricerca di Frascati si giocò l’ultima carta, inviando al presidente dell’ENEA la richiesta per poter continuare gli studi sulla fusione fredda, senza ricevere alcuna risposta. La relazione sulle ricerche effettuate rimase così un mero rapporto tecnico interno dell’ente. Fu quindi archiviata come Rapporto n. 41 del 2002, alla voce fusione fredda. Il paradosso è che ciò accadde proprio quando si era ottenuta una misura inequivocabile del guadagno energetico. Ciò significa che la scomoda verità emersa dalla ricerca doveva semplicemente sparire dalla circolazione nel più assoluto silenzio, garantito dalle riviste accademiche più “autorevoli”.
Il Rapporto 41, infatti, venne inviato dai ricercatori a diverse pubblicazioni scientifiche e le prime due a riceverlo furono le statunitensi Science e Nature, cioè quelle dal fattore d’impatto mediatico più alto. Una scoperta, per quanto esplosiva possa essere, non vale praticamente nulla se non viene anche pubblicata su una di queste prestigiose riviste poste come filtro di controllo sull’informazione scientifica.
Antonella De Ninno: “Nel giro di qualche giorno, a stretto giro di posta elettronica, Science ha risposto che non avevano spazio per pubblicare questo lavoro. Non sono mai entrati nel merito, non ci hanno neanche consentito l’accesso al processo di review che si usa nel mondo scientifico, per cui un lavoro viene mandato ad altri colleghi che ne valutano l’attendibilità ed eventualmente chiedono chiarimenti. In questo caso siamo stati espulsi subito. Ci hanno detto che non c’era spazio, motivi editoriali. Questa fu la risposta di Science”.
Emilio Del Giudice: “Altri fecero delle osservazioni piuttosto peregrine. Per esempio uno disse: ‘Com’è possibile raggiungere temperature così elevate sott’acqua, nell’acqua della cella elettrolitica?’. Evidentemente questo signore non sapeva che esistono i vulcani sottomarini, o che è possibile fare le saldature sott’acqua, se c’è una sorgente di energia sufficiente…”.
Antonella De Ninno: “Dopo Nature abbiamo provato con altre quattro riviste, però devo dire che non siamo riusciti ad avere un processo di revisione convenzionale, in particolare sulla misura dell’elio non abbiamo raccolto una sola obiezione in cinque riviste”.
Antonio Frattolillo: “L’obiettivo era quello di fare un esperimento che fosse talmente pulito, dal punto di vista della procedura sperimentale, da riuscire a bucare quel muro di diffidenza che la comunità scientifica ufficiale aveva verso tutto ciò che riguardava la fusione fredda. Alla fine però non ha bucato. Non siamo mai riusciti neanche a pubblicare il lavoro. Addirittura una delle riviste che abbiamo contattato ci ha risposto che, dal momento che questo lavoro riguardava la fusione fredda, che era già stato dimostrato essere falsa, la pubblicazione non era possibile”.
Emilio Del Giudice: “Scherzosamente, quando era tra amici, Giuliano Preparata chiamava Nature “la Pravda”. E questo perché Nature si è assunta il compito di fornire non solo informazione scientifica, ma anche ideologia scientifica. Loro dicono: “Siccome il fenomeno non è possibile noi non pubblichiamo…”.
Le prove raccolte in tutti questi anni a favore della fusione fredda sono davvero sconcertanti e molte di esse provengono persino da laboratori istituzionali. È sufficiente elencarne alcune per comprendere quanto l’informazione scientifica ufficiale si discosti dalla verità:
• Nel 1998, al termine di anni di sperimentazioni condotte in Giappone, gli scienziati Yoshiaki Arata e Zhang Yue-Chang hanno confermato il riscontro di un notevole eccesso di energia durante ben 12 giorni di sperimentazione consecutiva. I due ricercatori hanno inoltre affermato che l’energia emessa durante gli esperimenti era troppo grande rispetto alla piccola massa dei materiali utilizzati dentro la cella. Tale risultato, quindi, non può essere giustificato come conseguenza di un’eventuale reazione di tipo chimico.
• Sempre nel 1998, i ricercatori giapponesi T. Ohmori e Tadahiko Mizuno della Hokkaido University hanno messo a punto un sistema per la produzione di reazioni di fusione fredda garantendo una riproducibilità del 100%. La nuova tecnica non necessita più del costoso palladio e neppure dell’acqua pesante. Utilizza infatti solo due elettrodi di tungsteno immersi in una soluzione di acqua distillata con del carbonato di potassio come elettrolita. La cella è alimentata con corrente tra i 160 e i 300 volt.
• Nel febbraio del 2002, il laboratorio di San Diego della Marina USA pubblicò una relazione sulla fusione fredda che confermava i risultati di Fleischmann e Pons. Nel suddetto rapporto tecnico n. 1862, sono stati elencati e descritti i risultati ottenuti dagli scienziati della U.S. Navy nel periodo compreso tra il 1989 e il 2002. Nel capitolo 3 del documento le analisi calorimetriche rilevano un evidente eccesso di calore (guadagno energetico) e la produzione di elio-4 come conseguenza di reazioni nucleari.
Il giornalista americano Scott Pelley, del popolare programma televisivo "60 minutes" trasmesso dalla CBS News, ha voluto verificare di persona la reale natura della fusione fredda. Il suo servizio è poi andato in onda il 24 aprile 2009 (8). Per effettuare le sue ricerche Pelley si è rivolto al fisico elettrochimico Michael Mc Kubre, che da circa vent’anni lavora sulla fusione fredda, affermando di aver ottenuto risultati a dir poco straordinari. Gli studi di McKubre vengono però sistematicamente ignorati ed evitati dalla scienza ufficiale, con il pretesto che la scoperta di Fleischmann e Pons del 1989 non avrebbe alcun fondamento scientifico. Per vederci chiaro Pelley ha consultato l’APS, ovvero l’associazione dei fisici più importante d’America (l’American Physical Society), e si è fatto consigliare il nome di uno scienziato indipendente in grado di verificare o confutare definitivamente l’eccesso di energia prodotto dalla fusione fredda. Tale guadagno energetico, infatti, viene faziosamente interpretato dagli inquisitori accademici come un errore nelle misurazioni. Serviva quindi un esperto di alto profilo che ponesse fine alla discussione e l’APS fece il nome di Rob Duncan.
Quest’ultimo venne contattato da Pelley per verificare la sperimentazione sulla fusione fredda di un laboratorio israeliano dove sono stati ottenuti ottimi risultati. Appena accettato l’incarico, Duncan si dichiarò molto scettico, ma quando si trovò di fronte alla cella del laboratorio in questione fu costretto a cambiare radicalmente idea.
Dopo che la carriera e la vita stessa di ricercatori come Fleischmann e Pons sono state letteralmente fatte a pezzi dalle gerarchie accademiche e dai loro impietosi “tribunali della scienza”, nel 2012 anche la NASA ha finalmente ammesso la verità. L’agenzia spaziale più prestigiosa del mondo ha infatti reso pubblico il proprio programma di sviluppo per motori a fusione fredda. Nel video promozionale della NASA (9) con un’intervista al professor Joseph Zawodny dell’ente spaziale viene espressamente dichiarato: “Mentre il mondo è disperatamente legato ai combustibili fossili, i ricercatori della NASA di Langley stanno lavorando a un modo diverso per produrre energia nucleare in modo efficiente. Questa diversa forma di energia nucleare rilascia energia grazie all’aggiunta di neutroni. A un certo punto si raggiunge un numero sufficiente di neutroni che decadono spontaneamente in qualcosa che ha la stessa massa, ma è un elemento chimico diverso. Questo diverso elemento è più pulito dei combustibili nucleari tradizionali e può essere prodotto con materie prime come nichel, carbonio e idrogeno. Ha dimostrato la capacità di produrre quantità di energia in eccesso in modo pulito, senza il pericolo delle radiazioni ionizzanti, senza produrre rifiuti infausti. Questa forma pulita di energia è anche potente e può far funzionare di tutto, dai mezzi di trasporto alle infrastrutture […]. Avrebbe quindi un doppio utilizzo e verrebbe usata per generare il calore necessario al riscaldamento e alla produzione di elettricità”.
Nell’immaginario collettivo i laboratori della NASA dovrebbero essere tecnologicamente avanti anni-luce rispetto alla ricerca indipendente, eppure, per qualche “inspiegabile ragione”, i suoi ricercatori sono arrivati a scoprire la fusione fredda circa 40 anni dopo Omero Speri e Piero Zorzi (1974) e circa 24 anni dopo Fleischmann e Pons.
Ma non finisce qui. Dopo questa pubblica ammissione della NASA, infatti, la controversia scientifica sulla fusione fredda sembrerebbe risolta a suo favore, mentre non lo è affatto. La lobby dei carburanti fossili è più potente che mai e pertanto, se si fa eccezione per la NASA e altri enti di ricerca fuori dal coro, la nuova scoperta della fisica non è mai entrata nei libri di testo universitari neppure come ipotesi. A livello ufficiale, insomma, seppur contro ogni evidenza, la fusione fredda resta una bufala e i suoi sostenitori dei ciarlatani.
Il 28 febbraio 2010 il fisico Sergio Focardi (professore emerito dell’Alma Mater) e l’ingegner Andrea Rossi pubblicarono un interessante articolo sul Journal of Nuclear Physics dal titolo A new energy source from nuclear fusion (Una nuova fonte di energia dalla fusione nucleare), in cui annunciarono il loro imminente brevetto di un reattore a fusione fredda ad alto rendimento energetico. Il 14 gennaio 2011 il reattore Rossi-Focardi, da loro denominato “catalizzatore di energia” (energy catalyzer, in breve E-Cat), è stato sottoposto all’attenzione di una piccola platea di esperti (tra cui Francesco Celani dell’INFN di Frascati) all’interno di un capannone industriale in via dell’Elettricista, a Bologna. All’evento è stato dedicato un breve articolo su un quotidiano nazionale (10) e il dispositivo adesso è al centro dell’attenzione di tutti i ricercatori del settore.
Il Prof. Focardi sulla sinistra e l'Ing. Andrea Rossi sulla destra vicini ad un prototipo di E-CAT durante uno dei loro test dimostrativi.
Secondo i costruttori, il reattore è alimentato da barre di nichel immerse nell’idrogeno e produrrebbe, come minimo, una quantità di energia circa 20 volte superiore a quella necessaria per il suo funzionamento. Durante l’esperimento i professori dell’Università di Bologna estranei al progetto hanno misurato un consumo di circa 600 Wh, a fronte di una produzione di circa 12.000 Wh, un risultato che è a dir poco straordinario.
Il prototipo nel frattempo, dal punto di vista tecnico, è già pronto per la produzione industriale e la commercializzazione, ma anche se funziona realmente come dichiarato dall’ing. Rossi è praticamente impossibile che venga lasciato libero di nuocere agli affari del Deep State.
È invece molto probabile che l’ing. Rossi rimanga coinvolto in qualche causa giudiziaria che gli impedisca di commercializzare il brevetto, che subisca un incidente o che cambi improvvisamente versione “ammettendo” di essere autore di una frode scientifica.
La storia continua…
(1) Brevetto di Speri Omero n. 1024274 - Produttore energia termonucleare controllata dell’idrogeno e i suoi isotopi:
https://pdfcoffee.com/brevettosperizorzi-1-pdf-free.html
(2) Eugene Mallove, MIT and Cold Fusion: A Special Report, Infinite Energy Magazine, 1999, vol.24, p.26; Niraj S. Desai su The Tech del 28 aprile 1989.
(3) Intervista a Eugene Mallove sul programma del New Jersey Common Concerns del novembre 1997, visibile ai seguenti link:
https://www.youtube.com/watch?v=M5e7o9wH-K0&t=6s (parte 1),
https://www.youtube.com/watch?v=dS-EammV880 (parte 2);
https://www.youtube.com/watch?v=JX3pb7RFNX8 (parte 3).
(4) Inchiesta sulla fusione fredda a cura di Angelo Saso, RaiNews 24, 19 ottobre 2006:
https://www.youtube.com/watch?v=35T-gAvaKn4 (parte 1);
https://www.youtube.com/watch?v=1GbqU9Z9we0 (parte 2).
(5) Il dossier del programma Report (Rai3) sulla fusione fredda è stato trasmesso il 24 settembre 1997 e può essere visto al seguente indirizzo web: (1a parte) https://www.youtube.com/watch?v=vhmuqA92aeM,
(2a parte) https://www.youtube.com/watch?v=nqpFTiWkNx4,
(3a parte) https://www.youtube.com/watch?v=0_sHXk2ixbc&t=6s.
(6) Fisico italiano di fama internazionale, ha insegnato nelle più prestigiose università del mondo tra cui Harvard e Princeton: https://www.treccani.it/enciclopedia/giuliano-preparata_(Dizionario-Biografico)
(7) Puntata del programma Report di Rai3 trasmessa il 24 settembre 1997.
(8) Puntata dal titolo “More than junk science”, trasmessa dal noto programma americano d’inchiesta “60 minutes” il 24 aprile 2009. La registrazione può essere vista al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=iiFE4GLpePk&feature=emb_logo
visibile anche con sottotitoli in italiano al seguente link:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=iiFE4GLpePk.
(9) Link con il video della NASA sottotitolato in italiano:
https://www.youtube.com/watch?v=MApCq04lwJI
Jeff Mc Mahon, NASA: a Nuclear Reactor to Replace Your Water Heater, 22 febbraio 2013,
(recentemente oscurato. Cercare su google: “forbes nasa-a-nuclear-reactor-toreplace-your-water-heater”)
(10) Articolo di Ilaria Venturi pubblicato il 14 gennaio 2011 su Repubblica.
(11) https://www.altrogiornale.org/lettera-aperta-al-mondo-di-eugene-mallove/