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La Teoria Gender: il deserto avanza

01-06-2022 11:49

Redazione Vox

La Teoria Gender: il deserto avanza

La Teoria GenderGender è un termine controverso che oggi si sente nominare, spesso a sproposito; ancora più spesso per negarne l’esistenza. Ma esiste

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La Teoria Gender

Gender è un termine controverso che oggi si sente nominare, spesso a sproposito; ancora più spesso per negarne l’esistenza. Ma esiste davvero una teoria gender? O hanno ragione i cosiddetti debunker, quando ne negano l’esistenza? Vediamo chi sta mentendo e perché.

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Il mondo nuovo del terzo millennio

Il gender, o "ideologia del genere", non è che uno degli aspetti di una degenerazione ben più ampia, a sua volta sommatoria di tante degenerazioni di carattere culturale, morale, politico e religioso. Ma è anche un fenomeno interessante, perché è il simbolo del totalitarismo del terzo millennio, questo totalitarismo strisciante che si presenta travestito con i paramenti sacri della democrazia e che si autoalimenta con l'illusione della libertà e del progresso. Evidentemente per dominare i sudditi, per tenerli saldamente in pugno, non basta più affamarli, spogliarli, censurarli, stordirli, isolarli, ma è necessario anche disintegrare la loro identità più profonda. Il traguardo delle oligarchie dominanti, delle tecnocrazie sovranazionali, è quello di edificare il mondo nuovo, abitato dall'uomo nuovo, dove l'uomo nuovo è l’ominide di serie, sottomesso ed eterodiretto, ma persuaso di sentirsi autodeterminato, libero, disinibito, padrone incontrastato della propria esistenza, capace persino di scegliersi la propria natura un po’ come si potrebbe fare con un abito.

 

L’ideologia del gender. Realtà o suggestione?

Ecco qual è l’ideologia alla base del gender: gli individui non sono quello che sono, come madre natura li ha fatti, ma sono quello che si sentono di essere e così anche gli altri li devono intendere; e questa percezione che le persone hanno di sé stesse può essere anche mutevole, in un processo autopoietico senza limiti. È come se la nostra identità, che in primis è identità sessuata, secondo questa teoria diventasse il frutto della nostra auto-determinazione. Quindi non c'è più una realtà oggettiva, ma è la mia fantasia, la mia auto-suggestione, il mio desiderio, a creare la realtà. Intorno a questo nucleo ideologico fondamentale, si è dipanato tutto un sistema di idee che punta proprio a scardinare lo statuto dell’umano; punta a stravolgere i capisaldi della vita individuale e della vita collettiva.

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Ma tutto questo non è nato per caso, ma è il frutto di una lunga progettazione, di un'elaborazione durata decenni nelle centrali di potere sovranazionale; se infatti guardiamo la genesi storica del gender e poi la sua carriera trionfale, ci accorgiamo di essere di fronte ad una storia che è stata scritta e orchestrata al di fuori dei radar della gente comune. Non l'abbiamo vista arrivare, perché diretta da una potente regia sovranazionale; poi è stata attuata passo dopo passo dalle sue truppe che sono state infiltrate nei gangli vitali delle istituzioni. Istituzioni sovranazionali, europee e nazionali. Nel frattempo noi tutti abbiamo subìto quasi passivamente questa imposizione, perché il nostro sistema immunitario è stato fiaccato dall'azione della propaganda; una propaganda che è partita in sordina, si è fatta via via sempre più martellante, sempre più pervasiva, fino a spargere dappertutto il gas tossico dell'ideologia e fino a convincerci di dover pensare quello che altri pretendono che noi pensiamo, annullando in noi anche ogni capacità di reazione.

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Per fare attecchire questo sistema di idee che è chiaramente artificioso, è necessario instillare questi modelli fin dalla più tenera età. Secondo questa strategia bisogna instillare precocemente questo sistema di idee e contemporaneamente estirpare quelle categorie che una persona, un bambino tipicamente, assorbirebbe dalla osservazione della realtà, e quindi principalmente in famiglia. È una tecnica estremamente violenta, che però troviamo ricorrente nei documenti che si riferiscono alla teoria.

 

L’istruzione come mezzo di controllo

La tappa finale di questo progetto egemonico è l'invasione di campo dell'educazione. Perché espugnando l'educazione ci si impossessa delle nuove generazioni e quindi si monopolizza il futuro. C’è un brano di Bertrand Russell, sull'impatto della scienza sulla società del 1951, che esprime molto bene questo concetto. “Di tutti i metodi - dice Russell - il più influente si chiama istruzione. Possiamo sperare che nel tempo chiunque potrà convincere chiunque di qualunque cosa, a patto che possa lavorare con pazienza sin dalla sua giovane età e che lo Stato gli dia il denaro e i mezzi per farlo”. Poi continua “i socio-psicologi del futuro avranno a loro disposizione un certo numero di classi di scolari sui quali collauderanno differenti metodi per far insorgere nel loro animo l'incrollabile convinzione che la neve sia nera. Si constaterà rapidamente qualche problema: in primo luogo che l'influenza della famiglia è un ostacolo, in seguito che non si andrà molto lontano se l'indottrinamento non sarà iniziato prima dell'età di 10 anni; in terzo luogo che dei versi messi in musiche ed eseguiti a intervalli regolari sono assai efficaci e in quarto luogo che credere che la neve sia bianca dovrà essere visto come il segno di un gusto malato per l'eccentricità”.

 

La scuola asservita al totalitarismo

Evidentemente la pietra di inciampo, lo dice anche Russell, è la famiglia, ultima isola di autonomia e di libertà morale, quando c’è. E comunque è nella scuola che si forgiano le nuove generazioni, quindi la scuola è nel mirino dei riformatori. Infatti la scuola italiana, che è un sistema scolastico che ci era invidiato e ammirato dal mondo intero, è stato praticamente demolito con una prepotente accelerazione negli ultimi tempi, con la cosiddetta “Buona scuola”, buona per autocertificazione. Chiunque abbia a che fare con la scuola, non può non aver notato un prepotente cambio di passo negli insegnamenti che vengono somministrati agli scolari, e ultimamente con una vera e propria alluvione di corsi di ogni tipo, di iniziative, di attività pseudo-educative. Per esempio, la cittadinanza attiva, la cittadinanza europea, l'inclusione, la sessualità e l'affettività, la legalità, la salute. Tutto questo armamentario variopinto, in realtà è un blocco ideologicamente piuttosto compatto, che viene inserito in orario curricolare e che quindi rapina un monte ore poderoso alle materie fondamentali e che viene spesso appaltato a cosiddetti “esperti”, esterni al corpo docente. In questo modo si toglie alla scuola il suo contenuto propriamente culturale e si fornisce agli allievi un becchime variegato, che è chiaramente orientato a instillare un pensiero unico precotto e devitalizzato.

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Nell’arco di pochi anni i libri di testo sono stati depauperati di tantissimi contenuti. Un sintomo evidente è anche la recentissima riforma dell'esame di maturità, dove è stata tolta dalla prova principale dell'esame di Stato il tema di storia. Anche questo è un sintomo piuttosto preoccupante. Si preferisce scivolare verso l'attualità, che è comprensibile in questo quadro, perché l'attualità è contigua alla cronaca; e la cronaca è appannaggio dei mezzi di comunicazione che sono asserviti al mainstream. E quindi tutto converge verso questo indottrinamento, pur mascherato dietro delle etichette, tutto sommato rassicuranti, che appaiono edificanti e che quindi sono anche difficilmente contestabili. Ciò che si chiede alla scuola è di fornire del materiale umano obbediente e di facile manipolazione, perché evidentemente chi è culturalmente depresso non cede alla tentazione di pensare ed è particolarmente prono ad assorbire i dogmi che sono funzionali al dominio dei pochi sui molti, che vengono storditi, addomesticati al suono delle parole magiche e al suono di questi slogan di ordinanza.

 

Il degrado della formazione

L'obiettivo qual è? L'obiettivo è l'azzeramento identitario, di un'identità che è culturale ma anche identità nazionale e identità religiosa. E ora, lo abbiamo visto, è anche identità sessuale. Sono in produzione seriale generazioni senza memoria, quindi senza storia, senza patria, senza famiglia. Generazioni invertebrate, che quindi non trovano in sé stesse il vigore necessario per reagire al proprio annientamento programmato. Individui incolti, svirilizzati, privi del senso del sacrificio, privi dell'attitudine al combattimento, lasciati fluttuare in un eterno presente iper-tecnologico e globalizzato. Infatti a scuola troviamo la tendenza all'omologazione culturale; che poi è sempre omologazione verso il basso, dove il dissenso è bandito per legge, e gli insegnanti sono purtroppo chiamati ad essere una sorta di guitti all'insegnamento dell'audience. Se oggi qualche oasi di scuola ancora propriamente formativa resiste al diserbante che è stato sparso a piene mani, bisogna dire grazie agli insegnanti che mantengono la propria posizione, nonostante il trattamento degradante, non solo economico, loro riservato.

Quindi la “buona scuola” si è ridotta ad essere da un lato un contenitore ricreativo, dall'altro un laboratorio di snaturamento etico-sociale collettivo, sulla scorta di pacchetti preconfezionati nelle centrali di potere sovranazionale, e successivamente recepite dalle burocrazie nostrane al grido di “Lo vuole l’Europa”. Sono tantissimi i progetti che hanno la caratteristica di entrare a gamba tesa nella sfera più intima, più personale e più privata del soggetto in via di formazione. Ce ne sono di più aggressivi, anche molto fastidiosi, molto spinti; ce ne sono altri apparentemente più innocui, perché più subdoli; ma in estrema sintesi tendono tutti a inoculare nei bambini queste dinamiche:

prima di tutto, che ciascuno debba essere libero di scegliersi il proprio genere identitario, a prescindere dal dato sessuale biologico-anatomico e a seconda della percezione che ha di sé stesso;

in secondo luogo, che i ruoli, gli atteggiamenti, le inclinazioni tipicamente maschili e femminili, che chiunque assorbe e sperimenta, innanzi tutto in famiglia, vanno bollate come stereotipi, e come tali sono da demolire;

terzo, che la famiglia non si fonda sull'unione tra un uomo e una donna, ma su ogni tipo di convivenza;

poi che l'omosessualità e la transessualità, in genere le sessualità diverse, debbono essere ritenute come una normale variante della sessualità e anzi devono essere promosse come un valore per la società;

e infine che il linguaggio e le pratiche della sessualità debbono essere insegnate e recepite fin dall'età prescolare secondo una visione pansessualista dell'esperienza umana che vuole un’erotizzazione precoce dei bambini.

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Ora è evidente come tutto questo rappresenti una micidiale manipolazione dei naturali processi cognitivi del bambino, che oltretutto è completamente indifeso di fronte all'adulto; a maggior ragione se questo gli si presenta davanti nei panni autorevoli dell'educatore o dell'esperto. È bene sottolineare che, a prescindere dal grado di aggressività, questi corsi costituiscono tutti un'invasione di campo da parte dell'istituzione scolastica di un compito che tradizionalmente è riservato alla famiglia e ai genitori, come sancito dall’articolo 30 della Costituzione.

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Perché ogni bambino, ogni ragazzino, ogni adolescente ha tempi e modi propri di maturazione psico-fisica ed è logico che la persona che a lui è più vicina sia in grado di meglio seguirlo, e di meglio guidarlo in questa crescita. E che la scuola si appropri di questo compito fondamentale della famiglia è un evidente abuso che viene perpetrato attraverso la trappola scientista, quando si dice che gli esperti sono maggiormente titolati rispetto ai genitori. Ma in realtà questa sfera privatissima non ha nulla a che fare con la scienza, cioè il metodo sperimentale tipico della scienza è inapplicabile alla parte più intima della persona.

 

Il ruolo delle organizzazioni sovranazionali

Tutto questo però risponde ad un piano ben preciso, che è stato ordito dalle organizzazioni, dagli organismi che erano operativi sul fronte del controllo delle nascite fin dal secondo dopoguerra, in particolare la Planned Parenthood Federation, la Siecus, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tutti operanti nell'orbita dell'Onu. La Planned Parenthood Federation è stata fondata nel 1946 da Margaret Sanger, che diceva, come precisato nelle loro dichiarazioni di intenti, che i bambini devono essere educati obbligatoriamente alla sessualità e che l'educazione sessuale è uno strumento formativo fondamentale per ridurre la popolazione. Ed è stata proprio la Planned Parenthood Federation a stilare per l'Organizzazione mondiale della sanità, alla fine degli anni ’60, un memorandum strategico con l'obiettivo di ridurre la fertilità umana, che indicava come ristrutturare la famiglia, posticipando o evitando il matrimonio, e come incrementare percentualmente l'omosessualità.

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Arrivando ai giorni nostri, ci sono dei documenti, in particolare le famose linee guida dell'Oms, scritte dalla Agenzia europea dell’Oms, sempre sotto l'egida dell'Onu, che risalgono al 2010. Il documento “Standard per l'educazione sessuale in Europa” è diretto alle scuole, agli operatori sanitari e ai governi. Queste linee guida offrono un modello che illustra nel dettaglio il tipo di insegnamenti che vanno somministrati ai bambini a partire dalla più tenera età. Le griglie sono proprio 0-4 anni, 4-6 anni, 6-9 anni, ecc. Per esempio, nella fascia 0-4 anni sono previste informazioni aventi ad oggetto gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce, scoperta del proprio corpo e dei genitali, diversi tipi di relazione, diverse relazioni familiari, diritto ad esplorare la propria identità di genere, ruoli di genere; nella fascia 4-6 anni: informazioni avente oggetto amore verso persone dello stesso sesso, relazioni con persone dello stesso sesso, sensazioni legate alla sessualità, quindi piacere, eccitazione, ecc. C'è anche un documento più recente dell’Unesco, che è stato adottato in seno all'agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, che si intitola “Guida tecnica per l'educazione sessuale” e che più o meno riproduce gli stessi contenuti. Ma per focalizzarci sull’Europa, esiste la risoluzione Rodríguez del settembre del 2015, che invita gli Stati membri ad adottare i “Programmi globali” (sono chiamati proprio così) di educazione sessuale per le scuole primarie e secondarie, in vista della promozione dell'identità di genere. La guida dice espressamente che “l'Unione europea crede fortemente nel potenziale trasformativo dell'istruzione nel sostenere la causa dell'uguaglianza di genere”. L'obiettivo dichiarato “è quello di assicurare l'eliminazione degli stereotipi, del sessismo presente nei libri di testo, nel materiale didattico, nella letteratura, nei cinema, nei giochi, nei media, nella pubblicità e negli altri settori che possono contribuire a modificare l'atteggiamento, il comportamento e l'identità di ragazzi e ragazze”. Significa ad esempio che romanzi come “I Promessi Sposi” o la fiaba di “Cenerentola” sono da combattere perché veicolo di pregiudizi sessisti. Largo quindi alle nuove fiabe gender-free o a problemi di matematica in cui “Elisa e i suoi due papà devono comprare due pomodori…”.

 

Operare nell’ombra

Da questi ultimi documenti rileviamo come l'educazione sessuale, che poi si è arricchita di questo additivo rassicurante dell'affettività, che serve a rendere più digeribile ciò che in prima istanza potrebbe non esserlo, fa da apripista al gender. In altre parole, c'è una saldatura pressoché completa fra l'educazione sessuale e affettiva e il gender. E infatti il gender è entrato nelle nostre scuole in proporzioni ormai incontrollate. I genitori non se ne accorgono, perché entra mascherato da un lessico strumentale e ingannevole.

Una delle prime studiose del gender, Marguerite Peeters, diceva proprio che il gender procede mascherato; cioè ha un nucleo radicale, che è formato di assiomi indimostrati e indimostrabili, e che viene abilmente tenuto nascosto, e che è costituito dal cemento duro e puro dell'ideologia. Esistono poi una serie di cerchi concentrici, quelli più esterni, quelli a più ampio consenso, e sono quelli che vengono ammantati da tutto questo linguaggio di belle parole, uguaglianza, parità, non discriminazione e lotta agli stereotipi. A cosa serve tutto questo armamentario linguistico, coniato nelle centrali di potere sovranazionale, a cui l’Onu appartiene? La Peeters lo dice: per cambiare le cose non bisogna fare scontri armati, basta cambiare il nome o il significato del nome. È per questo che sono stati creati decine di nuovi lemmi, che risuonano nel linguaggio comune ed entrano nel lessico familiare. Contemporaneamente però questo stesso lessico entra anche nelle istituzioni, entra nei documenti internazionali, quindi ne risulta pervaso anche il sistema giuridico e la normativa scolastica. Questa modalità è tipica dei sistemi totalitari; organizzare cioè una sapiente opera di manipolazione, di perturbazione di tutto l'universo linguistico, logico, concettuale, proprio per spegnere nei sudditi i sensori di allarme e per generare ovunque assuefazione.

 

La finestra di Overton

L'uomo si abitua a tutto purché gli venga somministrato in piccole dosi. Ce lo dice Chomsky, con la famosa teoria della rana bollita; ma anche Overton, che ha sviluppato questo modello di ingegneria sociale.

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Noam Chomsky

 

Overton era un politologo americano, che negli anni ‘90 ha dimostrato come sia possibile che un qualsiasi tabù possa essere infranto e gradualmente liberato nella società, purché lo si incanali in una serie di 6 passaggi progressivi. Overton fa la simulazione con il cannibalismo, partendo quindi da qualcosa di totalmente inaccettabile, addirittura disgustoso, poi passa per la fase radicale, in cui il fenomeno è ancora aborrito in linea teorica e anche vietato nella pratica, però comincia a profilarsi qualche deroga in casi limite, per esempio gli indigeni della Papuasia praticano il cannibalismo, ma non si tratta di cattive persone. Questa fase radicale, dice Overton, è quella decisiva, proprio perché il fenomeno penetra nella membrana del pensiero collettivo; dunque l’individuo non entra più in dissonanza cognitiva nel contemplarlo, e in questa fase sono molto efficaci, secondo Overton, anche le tecniche di shock; per esempio irrompono sulla scena degli estremisti che invocano a gran voce il cannibalismo libero. Di fronte a questa pretesa si cerca un compromesso e pare addirittura ragionevole cercarlo, cioè si innesca una contrattazione. E ciò significa che il fenomeno comincia ad essere in qualche modo metabolizzato.

 

Ovviamente la comunicazione e l’appoggio dei media, hanno un'importanza primaria. Per esempio, casualmente, è uscito un film sul disastro aereo sulle Ande (Alive – Sopravvissuti), in cui i passeggeri riescono a sopravvivere cibandosi dei resti delle vittime. O, più recentemente nella serie proposta da Netflix “The Terror”. Ecco che anche qui si diluisce il senso di riprovazione e discriminazione che accompagna il fenomeno. Cioè, i cannibali devono riuscire a guadagnarsi nella pubblica opinione la qualità di vittime discriminate, in modo da ottenere un intervento rieducativo e correttivo sulla società, che viene caricata di sensi di colpa e deve ridisegnare il concetto di uguaglianza, attraverso il mito della minoranza oppressa. Fatto sta che il fenomeno viene metabolizzato gradualmente, si diffonde, fino a che constatiamo che non è più qualcosa di marginale, di completamente isolato, ma comincia ad avere una certa diffusione, e a un certo punto è pronto per essere lanciato verso l'ultima fase decisiva, quella della legalizzazione. In pratica, come diventare cannibali in 6 mosse.

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Le esperienze insegnano quanto sia imponente la qualità pedagogica della legge, perché nell'immaginario collettivo ciò che acquisisce il crisma della giuridicità diventa automaticamente anche buono, quindi si identifica ciò che è bene o male, con ciò che la legge consente o non consente. Attenzione, perché questo permette il paradosso finale, cioè il radicale capovolgimento di prospettiva; per cui viene criminalizzato chi continua a condannare il fenomeno originariamente inaccettabile. Così nasce l’antropofago legalizzato, grazie alla nuova morale che è stata codificata mediaticamente e pilotata politicamente.

 

Il processo della finestra di Overton è realizzato per fenomeni impensabili, per esempio per la pedofilia. E infatti oggi esiste un sistema culturale, mediatico, ma anche politico-istituzionale che sta facendo scivolare gradualmente la pedofilia verso la normalizzazione, cioè verso il ritenerla una mera forma del comportamento sessuale. L'agghiacciante paradosso è che questo avviene in nome dei diritti dei bambini, cioè sfruttando l'equivoco del supposto consenso del minore al rapporto sessuale con l'adulto. I “diritti dei bambini” è un'altra locuzione creata in sede sovranazionale e che nasconde una trappola micidiale, perché si è portati a scambiarla per un’apparente protezione a difesa dell'infanzia. In realtà il bambino, dei cui diritti si parla, è il bambino nella concezione dell'Onu, è il bambino auto-determinato, cioè il bambino che da solo identifica il proprio interesse, quindi un interesse soggettivo, in nome del proprio benessere psico-fisico. Quindi vengono del tutto rimossi i diritti dei genitori e il bambino acquisisce il diritto, per esempio, ad avere una vita sessuale, il diritto ad accedere ai mezzi di comunicazione, il diritto a scegliersi un’identità sessuale. Non è un’ipotesi: esiste una raccomandazione europea del 2010 del comitato dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, la numero 18, che contiene quello che parrebbe un invito, nemmeno troppo velato, alla legalizzazione della pedofilia, quando dice che “gli Stati membri dovrebbero assicurare l'abrogazione di qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l'età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali”.

 

Come nasce il gender

Il gender nasce con una doppia faccia, cioè la sua genesi, anche lessicale, è legata ai protocolli sanitari del dott. John Money, un endocrinologo dell'università di Baltimora che ha fondato nel 1965 la clinica per l'identità di genere. Ma Money ha inteso “genere” diversamente, proprio per staccare il genere dal sesso. Il sesso è quello che uno si trova anatomicamente dal momento del concepimento, e fa parte del patrimonio genetico di ciascuno. Il genere invece, secondo Money, è qualcosa di legato alla totale autodeterminazione del soggetto; e la personalità maschile e femminile, non dipende dal dato sessuale biologico e anatomico ma è una mera convenzione sociale. È su questa convinzione che Money ha fondato il business degli esperimenti di trasformazione sessuale sui bambini. Trasformazione sessuale non significa cambiamento di sesso, che è impossibile, ma la modifica dei connotati esteriori della persona. Ed era esattamente quello che Money faceva nella sua clinica degli orrori.

 
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Gli si era presentata un’occasione imperdibile, quando i genitori di due gemellini maschi, i fratellini Reimer, gli si erano proposti perché uno dei due, Bruce aveva subito una lesione dei genitali a seguito di un banale intervento chirurgico di circoncisione. Money convinse questa coppia di crescere Bruce come una femmina, come Brenda. Per cui il bimbo fu sottoposto a una serie di interventi chirurgici, ad una serie di continue sedute psicologiche e a terapie ormonali varie. Addirittura Money filmava i due gemellini, li costringeva a simulare tra di loro rapporti sessuali o li filmava mentre guardavano immagini pornografiche perché si rafforzasse la loro identità di genere. Ma cresceva la disperazione della famiglia, perché il povero Bruce non riusciva a calarsi nel ruolo che gli si voleva imporre; fino a che, anni dopo, il padre gli disse la verità. Per lui fu uno shock enorme, però si rese conto, lo scrive lui stesso, di non essere pazzo ed ebbe il coraggio di fare marcia indietro. Quindi si fece amputare i seni, riacquisì un nome maschile, David, sposò una vedova con tre figli e quindi pareva si fosse indirizzato verso una vita più serena. Se non che il fratello gemello si suicidò a causa di tutti questi eventi familiari. E a seguito di questo disastro anche Bruce, all'età di 38 anni, si tolse la vita. Un esperimento fallito e raccontato nel libro di John Colapinto “As nature made him”, tradotto anche in italiano. Recentemente, e nonostante il fallimento dell’esperimento, Money, benché fosse anche un propugnatore della pedofilia, fu acclamato dalla comunità scientifica internazionale; addirittura, quando morì nel 2006, lo piansero come il primo scienziato che aveva dato un nome all'identità sessuale, ritenendo i bambini psico-sessualmente plastici.

 

I movimenti femministi deviati e l’omosessualismo

Ma attenzione a questo passaggio: l’invenzione di John Money, venne ripresa dal movimento femminista americano radicale di matrice marxista (niente a che vedere con il femminismo che chiedeva migliori condizioni di lavoro per le donne), cioè una frangia di femministe radicali che sostengono che la famiglia sia la base della società patriarcale, sessista, omofobica, gerarchica, e che ritengono che sia sempre la famiglia il primo nucleo della lotta di classe, fra il maschio oppressore e la femmina oppressa, perché soggetta a ruoli subalterni e soprattutto schiava della riproduzione. Quindi l'obiettivo di questo gruppo di attiviste femministe era innanzitutto quello di ottenere un completo controllo sulla riproduzione, poi una liberalizzazione totale della sessualità, la demolizione della famiglia e infine la stessa abolizione della distinzione tra i sessi.

Shulamith Firestone, che era a capo di questo movimento diceva “il problema da superare è la maternità e sono le donne che intendono prendersi cura dei figli; e il modo per superarlo è mettere tutte le donne nella forza lavoro a tempo pieno e affidare tutti i bambini a educatori estranei.” La Firestone teorizza quindi la liberazione sessuale totale dei bambini e anche la liberalizzazione dell'incesto, infatti dichiara “il tabù dell'incesto attualmente serve solo a preservare la famiglia. Se ci sbarazzassimo della famiglia ci sbarazzeremmo anche delle repressioni che vedono la sessualità posta in formazioni specifiche e finalmente non ci sarebbe niente di male se un bambino avesse dei rapporti sessuali con la madre”. Queste affermazioni visionarie della Firestone, morta suicida nel 2006, ci aprono un orizzonte che noi oggi abbiamo già sotto gli occhi, cioè l’artificializzazione della riproduzione, che oggi è considerata normale con la moderna riprogenetica (cancellazione dei geni nell'ovulo fecondato prima di impiantarlo nell'utero della madre) o con la fecondazione artificiale. Si vuole cioè de-sessualizzare la procreazione umana e nel contempo relegare il sesso ad una funzione meramente ludica e ricreativa. Tutto questo chiaramente significa una mercificazione dell'essere umano. Però, quello che pare un delirio della Firestone, ormai è sotto i nostri occhi ed è realtà. Ed è in questo orizzonte delineato dal femminismo radicale deviato che entra in gioco l'omosessualismo. L’omosessualismo è l'ideologia che sta dietro l’omosessualità, ma non ha nulla a che vedere con i diritti degli omosessuali, o con la non discriminazione, ma si salda con l'obiettivo finale di appiattimento della società.

 

Cambiare la famiglia dall’interno

L'omosessualismo è il grimaldello capace di minare l'idea egemonica della famiglia, intesa come qualcosa di naturale. Le femministe hanno recepito questo concetto, visto che vogliono eliminare la famiglia; ma capiscono che eliminarla puramente e semplicemente è un'utopia ed è anche molto rischioso, perché chiunque vede istintivamente nella famiglia una garanzia di sicurezza e di stabilità di vita. Quindi capiscono che è meglio tenere in piedi la facciata della famiglia, ma ridisegnarla al suo interno, perché così, rifratta in tante parodie, ne esce praticamente dissolta; e se tutto è famiglia nulla più lo è.

 

La cosiddetta famiglia omosessuale in fondo che cos'è? Due omosessuali che vogliono un bambino, perché è evidente, piccolo dettaglio, che ci vuole ancora la componente maschile e femminile per fare un bambino. Dunque si procureranno un bambino assemblando materiale genetico, poi lo faranno crescere in un utero a noleggio e questo essere umano indifeso che verrà prodotto, sarà dotato della qualifica di “figlio” che di rimbalzo conferirà la patente di “genitore” a chi l’ha ordinato e poi si potrà mettere la ragione sociale di “famiglia” sopra questo gioco di prestigio. Il fatto è che adesso l'omosessualismo è stato eletto a fulcro di un sistema di potere economico, politico, mediatico, che è votato appunto a distruggere la famiglia, a rieducare le nuove generazioni, a erodere anche ogni spazio di libertà, e infine a scardinare i capisaldi su cui si fonda la società. Un’impostazione che fa comodo a una certa élite finanziaria, capitalistica mondiale, che preferisce avere un tessuto sociale smantellato e smembrato, nel quale la famiglia rappresenta un ostacolo. Ecco perché queste ideologie vengono utilizzate per scardinare il tessuto sociale, al fine di controllare in maniera diversamente democratica le popolazioni. È un sistema di potere imponente, è un “pacchetto ideologico” nato con John Money, che ha creato l’accezione “gender”, e successivamente è transitato per le femministe radicali e arrivato all’omosessualismo militante. Tutto questo pacchetto ad un certo punto è approdato all'Onu, è entrato nei documenti internazionali e da lì, a pioggia, come una metastasi, si è propagato in tutto il mondo. Questo processo è partito dalla Conferenza di Pechino del 1995, perché è proprio nei testi di quella conferenza che compare per la prima volta il termine “gender”.

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A questo proposito è interessante seguire quello che racconta Dale O’Leary nel suo libro “The Gender Agenda”, perché lei è stata una testimone oculare, ha partecipato a tutti i lavori preparatori della conferenza di Pechino, e racconta nel dettaglio come sia potuto accadere questo colpo di mano, cioè con quali stratagemmi il gender abbia potuto pervadere tutti i documenti internazionali congedati da quella conferenza. La O’Leary scrive che la maggior parte dei delegati alla conferenza non aveva la più pallida idea di che cosa fosse il gender, perché questo termine era conosciuto soltanto nell'accezione grammaticale, quindi nessuno inizialmente ha sollevato obiezioni. Ma quando poi si sono resi conto che il “gender” era il simbolo di un modo completamente diverso di concepire la politica e l'educazione, era troppo tardi e ormai i documenti erano tutti stati elaborati.

 

Ma il gender in realtà è il simbolo di un modo, dice Dale O’Leary, completamente nuovo di concepire la società, la politica, la cultura, la formazione, e rappresenta una rivoluzione globale dirompente. Tant'è che al numero 124 della piattaforma di Pechino si dice “si devono adottare tutte le misure appropriate, soprattutto nel campo dell'istruzione, per modificare i modelli di comportamento degli uomini e delle donne, per eliminare i pregiudizi, le pratiche tradizionali e tutte le altre pratiche basate su una distinzione tra i sessi o su ruoli stereotipati maschili e femminili”. Questo per ottenere, dicono, l'uguaglianza dei desideri e degli interessi, nei testi di scuola, nei cartoni animati, nelle soap opera. Gli annunci pubblicitari e le telenovelas devono mostrare uomini e donne impiegati in numero uguale come soldati, scienziati, pompieri e autisti di camion, anche se questo non ha alcuna attinenza con la realtà. Dicono anche che “per cambiare l'atteggiamento verso carriere che rappresentino stereotipi di genere, devono iniziare all'asilo e continuare per tutta la durata della scuola”. In sostanza le bambine, ma non solo, debbono radicarsi fortemente in testa che una femmina può essere felice solo se non fa cose da femmina. Cioè la femmina deve essere da un lato la scimmiottatura del maschio, dall'altro una specie di animale in cattività che appartiene a una specie protetta, che va difesa dal maschio, che essendo per definizione carnefice seriale, va neutralizzato e messo a tacere.

 

Perciò c’è anche molto di pretestuoso in questo impianto creato a tavolino da un manipolo di attivisti, che ha lucrato l’immenso potere, la potenza economica e l'estensione capillare delle strutture internazionali, e ha generato un imponente fenomeno di illusionismo collettivo che ha costretto poi milioni e milioni di persone a vivere dentro delle vere e proprie allucinazioni. Perché teniamo presente che da Pechino in poi, tutto questo sistema di idee ha pervaso tutti i documenti internazionali, mirando all’obiettivo finale.

Quale obiettivo? Quello di effeminare i maschi, di maschilizzare le femmine, di diffondere l'omosessualismo con tutte le sue varianti, come pratiche naturali e anche virtuose, al fine di demolire la famiglia, di separare l’uomo dalla natura e di togliere alla società la sua forza vitale e anche la capacità di reagire a un annientamento programmato.

 

Lo vuole l’Europa!

Tutto questo poi è penetrato nell'ordinamento giuridico italiano e nel sistema scolastico. Sappiamo quindi che il cuore pulsante di tutta la manovra sono le organizzazioni internazionali. La cinghia di trasmissione è l'Unione europea e dato che l'istruzione è sempre nel mirino dei riformatori, abbiamo assistito all’introduzione dei pacchetti “educativi”, prontamente recepiti nell'ordinamento giuridico interno, al grido di “Lo vuole l'Europa”. La Raccomandazione Ue del 2010 del Comitato dei ministri dell'Unione europea si intitola “Misure volte a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere” e costituisce un riferimento importante perché fornisce il glossario di tutto il gergo che poi ha contaminato la normativa scolastica. La Legge 107, cosiddetta “Buona scuola”, è una legge scritta in modo farraginoso, illeggibile e condita di burocratese e didattichese incomprensibile ai più, ma questo linguaggio artefatto purtroppo influenza tutto il mondo della scuola. A questa Raccomandazione del 2010 ha aderito, pur non essendo vincolante, il ministro del lavoro con delega alle pari opportunità Elsa Fornero, al tempo del non-eletto governo Monti nel maggio del 2013. Questo attraverso un documento polveroso che si intitola “strategia nazionale Lgbt” che è stato pubblicato da UNAR, cioè dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che fa capo al Dipartimento delle pari opportunità presso la Presidenza del consiglio dei ministri. L’Unar è diventata famosa ai più nel 2017 per aver finanziato con soldi pubblici associazioni gay dedite ad orge e prostituzione.

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In seno all'Unar operano 29 associazioni arcobaleno di gay, lesbiche, transessuali, intersessuali e queer. Tra cui il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. Questo autore, militante omosessuale, ha scritto “Elementi di critica omosessuale”. Ecco le idee che troviamo nel suo libro: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica”.

 

Questo è l’ambiente fangoso in cui è stato redatto il documento dell’Unar, la cui prima parte si intitola “Educazione e istruzione” e prescrive le modalità atte a diffondere la teoria del gender nelle scuole. Ma questo documento non ha alcuna efficacia normativa diretta, tuttavia ha fatto da base a tutti gli atti legislativi e amministrativi successivi, questi sì vincolanti.

 

2013: l’anno nero della scuola

Ricapitoliamo quindi gli accadimenti del 2013, anno decisivo per la pubblica istruzione, anche se gli effetti sono passati inosservati. Cominciamo dal protocollo d'intesa nel gennaio 2013 tra il Miur, le pari opportunità e l’Unar; seguita dalla strategia Fornero in maggio; il 14 agosto, alla vigilia di ferragosto, spunta il decreto legge che ha portato alla legge di conversione 119 (legge sul femminicidio), poi a settembre il decreto scuola Carrozza, che prevede un cospicuo stanziamento a favore del “superamento degli stereotipi di genere”.

Questo ha portato alla “Buona scuola”, varata nell'estate del 2015, che recepisce in toto il modello educativo elaborato dai potentati sovranazionali e dall'Unione europea, che lo hanno imposto alle scuole di ogni ordine e grado. La riforma di Renzi si rivolge a tutto il sistema di istruzione italiano, comprese le scuole paritarie e le università; e stabilisce che questo sistema di idee derivato dalla Raccomandazione del 2010, debba essere trasmesso in via interdisciplinare, quindi debba permeare praticamente tutte le materie di studio. Non solo con i corsi extracurricolari, ma deve essere inserito nel cuore della formazione curricolare, anche nei testi scolastici e nel materiale didattico. Tutto questo progetto ha avuto origine alla fine degli anni ’90 e si chiama progetto POLITE (Pari Opportunità nei Libri di Testo) e ha un codice di autoregolamentazione siglato tra l'Associazione italiana Editori e le Pari opportunità, ed è volto a garantire che “nella progettazione e realizzazione dei libri di testo e dei materiali didattici vi sia attenzione allo sviluppo dell'identità di genere come fattore decisivo nell'ambito dell'educazione complessiva dei soggetti in via di formazione.” Per questo sempre più spesso, vediamo nelle illustrazioni dei libri per bambini, non più la tradizionale famiglia papà-mamma-figlio, ma famiglie mamma-mamma o famiglie papà-papà. Questo per trasmettere l’idea che le famiglie “diverse” sono perfettamente normali e chiunque può scegliersi la famiglia che vuole.

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Lo schiavo ideale del regime

Abbiamo visto allora a che cosa punta il gender. Punta all'azzeramento identitario; punta a deprimere sul nascere le risorse orgogliose della mascolinità e la forza costruttiva del ruolo femminile nella famiglia; punta ad annacquare la complementarietà naturale dell'uomo e della donna, in un’indistinzione indotta per annientare gli anticorpi di tutta la società. In proiezione, mira all'annientamento di una storia e di una civiltà, con tutto il suo patrimonio millenario di cultura, di tradizioni, con la sua forza vitale e con la sua fede. Punta anche al dissolvimento dell'identità nazionale nell’europeismo sintetico dei falsi ideali; all’impoverimento etico e culturale, che ben si abbina alle politiche europeiste migratorie di disintegrazione forzata e anche con il sincretismo religioso. Perché ormai è sotto gli occhi di tutti che le gerarchie della ex Chiesa cattolica professino la stessa identica religione dell'Onu e dei suoi magnati. Come diceva Hannah Arendt “Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più”. Allora forse oggi siamo noi i sudditi ideali del regime totalitario. Ed è una guerra vera, non è una guerra solo verbale; è una guerra che non fa prigionieri e che non risparmia i bambini, anzi vuole colpire proprio loro per rapinare la loro innocenza, per violentare la loro sensibilità e la loro libertà morale attraverso l'iniziazione forzata alle esperienze legate alla sfera sessuale, che chiaramente appartengono ad un altro tempo della vita. Vogliono strappare dalle loro menti l'evidenza delle cose e quindi scardinare la loro identità in fase di formazione.

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Uscire dal Truman Show

Ora, pian piano ci stiamo convincendo, come diceva Russell, che la neve è nera, che Paolo ha due papà o che un qualsiasi agglomerato è una famiglia.

In questa fase storica abbiamo una grande responsabilità: dobbiamo, prima che sia troppo tardi, svegliarci dal letargo e cercare di uscire da questo meta-mondo basato sulla finzione, nel quale vorrebbero costringerci a fare da comparse. Prima che ci convincano davvero che questa messa in scena corrisponda alla verità, prima di essere tutti contagiati dall'idea bizzarra che la realtà è solo uno stereotipo suscettibile di essere sostituito da ogni fantasia compulsiva. Il brocardo “In claris non fit interpretatio” (l’interpretazione non è necessaria laddove c'è chiarezza), ci dice che abbiamo una grande responsabilità nei confronti di chi ci succede, nel riaffermare che le evidenze semplicemente non vanno dimostrate. I nostri figli hanno un sacrosanto diritto a non essere ingannati, a non essere offesi dalle vestali del “politicamente corretto” e dai sacerdoti di questa ideologia autenticamente disumana. Hanno viceversa l'esigenza insopprimibile e l'emergenza vitale di tornare ad avere dei modelli identitari di riferimento; in primo luogo ovviamente quelli di un padre e di una madre, ma anche le radici di una terra, di una storia, di una civiltà, di una cultura, di una tradizione spirituale. E soprattutto assaporare ancora ciò che pare mancare adesso, la virilità e la femminilità.

Quindi che tornino pure sulla scena le dame e i cavalieri, sia nella realtà, sia nei giochi e nei sogni dei nostri bambini!

gdm

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Bibliografia:

Elisabetta Frezza - Malascuola
Hannah Arendt - Le origini del totalitarismo
Bertrand Russell - The Impact of Science on Society
Marguerite A. Peeters - Il gender. Una questione politica e culturale
John Colapinto - As nature made him
Dale O'Leary - The Gender Agenda
Mario Mieli - Elementi di critica omosessuale
https://unric.org/it/agenda-2030/
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-8-2016-0150_IT.html
https://www.corrispondenzaromana.it/traffico-di-organi-della-international-planned-parenthood-federation/
https://lamenteemeravigliosa.it/finestra-di-overton/
https://www.tempi.it/bruce-brenda-david-la-tragica-storia-della-prima-vittima-del-dottor-money-il-guru-del-gender/
https://theconversation.com/shulamith-firestone-why-the-radical-feminist-who-wanted-to-abolish-pregnancy-remains-relevant-115730
https://www.aie.it/Portals/38/Allegati/CodicePolite.pdf
http://www.retepariopportunita.it/DefaultDesktopc813.html?doc=370